30 marzo 2006

Prossimo passo, l’interazione uomochip

«Verrà rivoluzionata la relazione uomomacchina. Penso a un’interfaccia neuronechip. In un tempo non troppo lontano sarà possibile collegare dei microchip ai neuroni, attraverso nanocavi fatti di materiale biocompatibile. Del resto, nel cervello umano e nei processori dei pc le informazioni circolano sotto la spinta di impulsi elettrici. Nel cervello si ha uno scambio di ioni, mentre nei pc vengono trasferiti degli elettroni, ma il principio di fondo resta il medesimo».

A disegnare questo scenario futuribile è Roberto Cingolani, direttore del Laboratorio Nazionale di Nanotecnologia (NNL) di Lecce, uno dei centri di ricerca nanotech più avanzati in ambito internazionale, forte di 170 ricercatori. «Mi chiede se queste invenzioni cambieranno la vita? Bè, di certo cambieranno i processi di apprendimento. Immaginiamo un microprocessore da una parte collegato al cervello umano e dall’altra connesso in modalità wireless a una immensa rete Internet. Le persone, così, accederanno direttamente a tutta la conoscenza disponibile. A questo punto la scuola e l’Università che conosciamo oggi saranno del tutto inutili. La scuola fornirà le relazioni necessarie per comprendere e usare meglio le informazioni acquisite e non sarà più un luogo dove vengono trasferite nozioni. Si tratta di un’ipotesi meno futuristica e immaginaria di quanto possa sembrare a prima vista. Del resto, l’attuale società dell’Internet e delle reti globali ci avvicina già a questa prospettiva».

In Italia gli studi sul nanotech sono all’avanguardia e in grado di competere con i principali centri internazionali. Oltre a NNL, sono attivi il Nest (National Enterprise for Nanoscience and NanoTechnology) della Normale di Pisa e l’S3 di Modena. «Accade spesso commenta Cingolani che nei settori emergenti, dove l’intraprendenza e la voglia di sperimentare contano più dei soldi e della programmazione, gli italiani riescano a ottenere buoni risultati. Per continuare in questa direzione occorre anche altro: la capacità di fare sistema e risorse, anche pubbliche, destinate ai centri migliori. E serve anche il coraggio di chiudere le strutture inefficienti. Per essere competitivo il nostro Paese deve investire sui settori ad alta tecnologia, puntando all’eccellenza e costruendo attorno a questo la propria immagine. Il modello di azione dovrebbe rifarsi un po’ a quello che la Ferrari ha saputo rappresentare nel mondo dell’automobilismo».

Fonte: Repubblica

28 marzo 2006

Penso, dunque scrivo: un computer può essere controllato dalla mente

Grazie a una tecnologia sviluppata da ricercatori tedeschi un computer può essere controllato dalla mente. Infinite le applicazioni pratiche...

Un uomo è seduto davanti a un pc e indossa uno strano casco da cui spuntano decine di cavetti colorati. Ad un tratto senza che abbia mosso un dito varie righe di testo appaiono sullo schermo, come per incanto. Sembra fantascienza eppure è realtà. Alla fiera della tecnologia che si è tenuta recentemente ad Hannover un computer attirava la curiosità dei visitatori: si poteva controllare con la mente. Al bando fenomeni occulti e paranormale, qui è tutta scienza.

Ideato e messo a punto da ricercatori del Fraunhofer Institute di Berlino in collaborazione con i colleghi della Berlin Humboldt University il computer è destinato a fare parlare di sé. Come funziona? L'utente di turno si mette in testa un particolare casco cosparso nel suo interno da decine di sensori, qualcosa di simile a quello che si deve indossare per fare un elettroencefalogramma tanto per intenderci, in grado di catturare l'attività elettrica del cervello. Con questo copricapo ad alta tecnologia si può fare funzionare il computer senza nemmeno toccare il mouse, semplicemente sfruttando il pensiero.

Ma chi si immagina che l'utente debba possedere poteri paranormali si sbaglia di grosso. Per fare funzionare la macchina bastano 20 minuti di addestramento e poi giù a scrivere testi, inserire dati e quant'altro passi... per la mente. La spiegazione di questo miracolo è in realtà semplicissima: grazie a uno speciale algoritmo il pc riesce a risconoscere l'attività elettrica della corteccia cerebrale, quella zona dell'encefalo dove hanno origine i movimenti e quindi muove il cursore, fa apparire le lettere che riempiono lo schermo. Le applicazioni di questa nuova tecnologia sono numerosissime e spaziano dal campo medico, all'intrattenimento, alla sicurezza.

Una versione per disabili che interagisce con un pc e altri sipositivi elettronici, come protesi bioniche sarà commercializzata a breve. Evidentissimi i vantaggi nella guida di un'automobile: basterà un semplice pensiero per rallentare o fermare il veicolo. Ma non solo: siccome il dispositivo capta il segnale nervoso proprio al momento della sua formazione, riesce ad offrire qualche frazione di secondo di vantaggio rispetto ai tempi di reazione di un individuo senza handicap. Insomma una vera rivoluzione nei rapporti tra uomo e tecnologia.

Grazie a una tecnica analoga sviluppata negli Stati Uniti recentemente, Matthew Nagle, 25 anni, paralizzato dal collo in giù in seguito a un incidente, riesce ad accendere e spegnere la televisione, cambiare canale e volume dell'apparecchio, senza alzarsi o usare il telecomando. Ma per ottenere questi risultati gli è stato impiantato un chip nel cervello. Una differenza di non poco conto in favore del nuovo congegno presentato ad Hannover che non necessita di un delicato e invasivo intervento chirurgico.

Fonte: Libero News

L'aereo che cambia forma in volo

A buon punto uno studio del prestigioso Mit statunitense i velivoli avranno ali che si muovono come quelle degli uccelli.

ROMA - L'ala di un aereo che si muove come l'ala di un uccello per poter intercettare le correnti d'aria, una barca che modifica la propria chiglia a seconda dello stato delle acque in cui naviga. Il tutto con enormi vantaggi, compreso il risparmio di combustibile. Quello che oggi, con le attuali tecnologie, è impensabile, presto potrebbe diventare realtà grazie alla nuova applicazione di un vecchio principio: la batteria ricaricabile.

La ricerca viene condotta da un team internazionale di ricercatori presso il Massachusetts Institute of Technology, con il contributo dell'Istituto federale svizzero di tecnologia e dell'Università di Karlsruhe in Germania. La ricerca è stata pubblicata su due riviste specializzate: 'Advanced Functional Materials and Electrochemical' and 'Solid-State Letters'.

Il materiale 'morphing', ovvero in grado di assumere aspetti, è un composto di ossido di litio, cobalto e grafite: l'applicazione di una corrente elettrica determina un movimento di ioni tra i due componenti.
Un processo simile a quello che accade durante la ricarica di una batteria: "Si è sempre pensato che questo fosse qualcosa di nocivo per le batterie. Ma ho pensato che avremmo potuto usare questo principio per un'altro fine: il movimento delle strutture su grande scala", ha detto Yet-Ming Chiang, del Mit che lavora al progetto con il professor Steven R. Hall e altri ricercatori.

Questi materiali possono funzionare a basse tensioni (circa cinque volt), un risultato notevole rispetto alle centinaia dei volt richiesti da altri materiali piezoelettrici (che cambiano cioè in risposta a un campo elettrico). Inoltre si tratta di strutture estremamente leggere: "Per le cose che volano il peso è importante", sottolinea il professor Hall.

In alcuni test, i ricercatori hanno scoperto che il materiale si espande del 19 per cento ed è particolarmente resistente alla pressione, fino a circa 200 megapascal. Al contrario, altri materiali piezoelettrici possono sopportare solo un decimo di questa pressione.

Dunque si tratta di materiali che resistono "ad un alto livello di stress", spiega Chiang del MIT. Fino a oggi è stato prodotto un semplice laminato 'morphing', ma entro la fine dell'anno i ricercatori pensano di costruire dei prototipi di pale da elicottero che possono cambiare la loro forma mentre ruotano.

Gli scienziati, cautamente, spiegano che molto lavoro deve ancora essere fatto, come il raffinamento della progettazione della batteria per il funzionamento ottimale in un veicolo 'mutaforma'. Tuttavia il professor Chiang fa notare che "abbiamo potuti dimostrare il potenziale di questo metodo persino usando le attuali batterie." Questa ricerca è stata finanziata dal Defense Advanced Research Projects Agency, meglio conosciuto come Darpa, un ente di ricerca statunitense che sviluppa nuove tecnologie per il Pentagono.

Fonte: Repubblica

27 marzo 2006

Creato in Usa il maiale transgenico

Nato in laboratorio un porcellino con il grasso omega-3 anticolesterolo Grazie alla biotecnologia gli è stato inserito il gene per l'enzima Fat-1. La scoperta potrebbe rivoluzionare i costumi alimentari.

ROMA - Buono come una salsiccia, sano come un pesce. Tra qualche anno sarà forse possibile ingozzarsi di salame e mortadella senza sentirsi in colpa per aver messo a dura prova il nostro colesterolo. Ma per poterlo fare, se la scienza manterrà le promesse, sarà necessario superare un tabù di non poco conto: mangiare la carne di un animale transgenico.

Ad aprire questa porta è un gruppo di scienziati provenienti da diversi centri di ricerca medica statunitensi, coordinati da Yifan Dai della University of Pittsburgh School of Medicine. Questo team è riuscito infatti nell'intento di creare in laboratorio dei maialini transgenici che oltre al normale patrimonio genetico dei suini posseggono il gene per l'enzima 'Fat-1' che trasforma i dannosi grassi omega-6 nei preziosissimi omega-3, gli stessi contenuti nel pesce azzurro. Mentre il primo tipo di grasso è un vero e proprio killer delle nostre arterie, il secondo ha qualità benefiche per il cervello e protettive per il cuore.

A dare conto di questo straordinario successo dell'ingegneria genetica è la prestigiosa rivista Nature Biotechnology. I ricercatori hanno trasferito il 'Fat-1' in fibroblasti fetali suini, le cellule destinate a generare i 'mattoni' del tessuto connettivo. Quindi, partendo da queste cellule ingegnerizzate e utilizzando la tecnica nota come trasferimento nucleare, l'equipe ha proceduto alla clonazione. Infine, hanno analizzato il tessuto connettivo degli animali così ottenuti, per verificarne la capacità di sintetizzare le sostanze benefiche.

Anche se secondo gli autori dell'esperimento è prematuro pensare di creare allevamenti di suini transgenici ricchi di questi elementi preziosi per la salute, gli esemplari ottenuti potrebbero essere usati come modello di studio per malattie umane e per vedere l'effetto degli omega-3 nel corpo.

Fonte: Repubblica

25 marzo 2006

Nasce il super motore a reazione del futuro.

In volo a dieci volte la velocità del suono, permetterà di volare dall'Australia all'Europa in due ore: non ha parti mobili e non ha bisogno di aggiunte di ossigeno.

NEW YORK – Dall’Australia all’Europa in due ore. Fra vent’anni, o - almeno dal punto di vista tecnologico - anche prima, il volo ipersonico fino all’incredibile velocità di Mach 10, pari a circa 12.200 chilometri l’ora, si prepara a diventare realtà. Dopo il successo, spettacolare ma stranamente passato quasi sotto silenzio (a causa soprattutto del conflitto in Iraq), dei primi due voli sperimentali a velocità da 6,83 a 10 volte la velocità del suono, compiuti nel 2004 con il veicolo X-43A dalla NASA, la corsa riprende e sta accelerando. Un nuovo propulsore a getto senza parti in movimento, in grado di raggiungere secondo i calcoli dei progettisti i 7,6 Mach di velocità, 9.000 chilometri orari, si prepara a partire venerdì 24 marzo dal poligono di Woomera in Australia. Al progetto collaborano il laboratorio di ricerche spaziali dell’università del Queensland e l’industria aerospaziale britannica Qinetiq che ha progettato la sonda ipersonica denominata Hyshot-3 Scramjet. «Abbiamo verificato e ricontrollato ogni parte più volte», dice il professor Allan Paull, lo scienziato australiano che dirige le operazioni di lancio. «Abbiamo stretto una per una le viti e le abbiamo bloccate con una colla speciale lucidandole a specchio una per una, perché non ci siano problemi di surriscaldamento e di attrito. Abbiamo fatto tutto quello che era umanamente possibile, e anche mettendo in bilancio la possibilità sempre presente di malfunzionamento o imprevisti, abbiamo una ragionevole fiducia che il risultato, dopo l’insuccesso delle due precedenti missioni, questa volta sarà positivo».

SENZA TURBINE - Il propulsore Scramjet, a differenza di quelli usati dagli aerei a reazione, non ha bisogno per funzionare di una turbina e, al contrario dei motori a razzo tradizionali, non deve trasportare pesanti serbatoi di idrogeno liquido. Il principio su cui si basa la propulsione è di una semplicità assoluta perché la propulsione, una volta raggiunta una determinata velocità, avviene sfruttando il surriscaldamento dell’aria, che viene compressa e, per conseguenza del cosiddetto “effetto Venturi”, si incendia passando attraverso la strozzatura di un tubo a doppio tronco di cono. Così, una volta superata la soglia critica di 4 Mach (circa 1360 metri al secondo), l’accensione dell’idrogeno contenuto nell’atmosfera diventa automatica e alimenta in continuazione la spinta in avanti, la quale a sua volta permette al motore di aspirare più aria e di bruciare più idrogeno, aumentando radicalmente la velocità e senza bisogno di trasportare più nessun tipo di carburante. Prima di sfruttare le ovvie potenzialità di questi nuovi motori nell’aviazione militare e civile, restano da risolvere problemi di tecnologia, di avionica e forse soprattutto economico-commerciali di enorme difficoltà. Ma gli esperimenti australiani, come i voli sperimentali della NASA, stanno facendo da propellente a un processo che porterà forse, come è già in precedenza avvenuto con il passaggio dall’elica al motore a reazione, a una nuova generazione di aerei senza reattori e in grado di funzionare, per la maggior parte del volo, addirittura senza carburante.

SEI SECONDI - Il lancio di Woomera, se tutto andrà secondo i piani, permetterà all’aereo anglo-australiano Hyshot-3 senza pilota di salire, attaccato in cima a un razzo tradizionale, fino a 350 chilometri per precipitare quindi, dopo il distacco del serbatoio ormai vuoto, in caduta libera verso la Terra. Poi, non appena il velivolo ipersonico avrà raggiunto i 35.000 metri di quota, avrà inizio il test, con l’accensione automatica dell’idrogeno contenuto nell’aria spinta a forza all’interno del nuovo motore, che una volta raggiunti i 7,6 Mach (9.000 km/ora) per effetto della combustione e della forza di gravità continuerà la sua corsa sempre più veloce verso la Terra. Gli scienziati, per studiarlo, avranno a disposizione solo 6 secondi. Poi Hyshot-3, per effetto dell’aumento di temperatura e di velocità, si distruggerà. Ma per il direttore della missione anche questo effimero risultato sarà un grande successo. «Finora – spiega l’australiano professor Paull, che dirige l’esperimento – abbiamo potuto studiare solo il funzionamento del nuovo motore a terra, nella galleria del vento e per un tempo brevissimo, dell’ordine di millisecondi che ci ha appena permesso sì e no di vedere per un attimo il processo di combustione».

COSTI CONTENUTI - Con un costo di appena un milione e 400 mila euro, l’aereo anglo-australiano, rispetto alla molto più costosa ma anche più complessa missione americana, presenta il vantaggio dell’economicità e servirà, inoltre, come battistrada per il lancio di un secondo velivolo ipersonico progettato dall’Agenzia aerospaziale nipponica Jaxa, che è previsto fra quattro giorni. Poi sarà la volta degli australiani, che in giugno lanceranno il velivolo ipersonico militare sperimentale DSTO (Defence, Science and Technology Organization), dotato di un propulsore ad autoaccensione capace di raggiungere i 12.000 km/orari. I nuovi motori, una volta messa a punto la tecnologia necessaria, secondo gli esploratori del futuribile più visionari permetteranno di rendere insignificanti le distanze fisiche fra continenti, come già sta accadendo, per esempio, nella telefonia. Se la distanza fra l’Australia e l’Europa o fra l’America Latina e l’Europa dovesse ridursi, come qualcuno prevede, a voli ipersonici dell’ordine delle due o tre ore, le conseguenze economiche ma anche sociali sarebbero enormi. Ma le prime applicazioni si vedranno più probabilmente nel lancio dei satelliti e nella difesa, due settori dove gli Stati Uniti sono già in forte vantaggio. Lo dimostra del resto anche il successo del velivolo ipersonico senza pilota X-43 A della NASA (lunghezza m. 3,70; apertura alare m. 1,50; altezza 60 centimetri), che due anni fa è stato portato a 12.000 metri di quota da un bombardiere B – 52, poi lasciato planare nell’aria dove un razzo lo ha fatto salire a 33.500 metri e, infine, grazie ai due motori ipersonici montati sotto le ali, ha potuto volare da solo per oltre 1000 chilometri alla velocità di 11.000 chilometri orari, prima concludere l’esperimento inabissandosi dentro il Pacifico.

Fonte: Corriere della Sera

24 marzo 2006

Clonazione, la Spagna avanza. Passa bozza di progetto di legge

A fini terapeutici e controllata. Per creare tessuti o organi da nuclei cellulari. Regole per le banche di materiale biologico.

MADRID - La Spagna potrebbe essere il primo paese al mondo a dotarsi di una legge per la clonazione controllata. Madrid ha fatto oggi un nuovo passo per consentire la clonazione a fini terapeutici, ma sotto stretto controllo. Il governo ha infatti approvato una bozza preliminare di un disegno di legge, che include la tecnica di trasferimento dei nuclei cellulari per creare tessuti o organi da utilizzare nella terapia di malattie considerate incurabili.

La vicepremier Maria Teresa Fernandez de la Vega e il ministro della sanità Elena Salgado hanno annunciato che il consiglio dei ministri ha oggi approvato, durante la sua riunione settimanale, una bozza preliminare del progetto di legge sulla ricerca biomedica che comprende la clonazione terapeutica, una tecnica contro la quale si è espressa la Conferenza episcopale affermando che attenta alla la dignità della persona.

La nuova legge regolerà anche le banche di materiale biologico, cioè i sistemi di immagazzinamento di campioni biologici o genetici, per offrire le massime garanzie di protezione e privacy, hanno spiegato gli esponenti del governo socialista.

La clonazione, secondo la bozza preliminare, sarà sottoposta allo stretto controllo di un Comitato di garanzia che dovrà esaminare ogni caso concreto e decidere se concedere o meno il permesso per l'uso della tecnica autorizzata attualmente in Europa solo da Gran Bretagna, Svezia e Belgio ma nel mondo anche da Australia, Giappone, Corea, Israele e Singapore. E' consentita anche negli Stati Uniti, ma senza l'impiego di fondi pubblici federali.

Il testo preliminare approvato oggi dovrà ora essere discusso dalle associazioni scientifiche e dalle regioni per poi tradursi in un progetto di legge che dovrà essere approvato di nuovo dal governo prima di essere dibattuto in parlamento.Il ministro Salgado ha spiegato che la legge vuole "offrire garanzia giuridica e legale per i progressi della scienza", ma allo stesso tempo porre limiti per far prevalere il diritto delle persone.

Carlos Martinez, presidente del Consiglio superiore della ricerca scientifica (Csci), citato dall'agenzia Efe, ha definito la tecnica di clonazione "uno sviluppo straordinario per facilitare la ricerca nella medicina rigenerativa". Antonio Pellicer, direttore dell'Istituto valenciano sulla infertilità (Ivi) ha accolto con entusiasmo l'approvazione della bozza preliminare sottolineando tuttavia che resta ancora "molto cammino da percorrere".

Fonte: Repubblica

Staminali, speranze dai testicoli "Cellule simili alle embrionali"

Su Nature l'importante ricerca di un gruppo di scienziati tedeschi. Per il momento l'esperimento è stato limitato ai topi.

ROMA - Le cellule estratte dai testicoli umani potrebbero in futuro sostituire le staminali embrionali ai fini terapeutici. Ad alimentare questa speranza è lo studio di un gruppo di scienziati tedeschi che sarà pubblicato sull'edizione web di Nature del prossimo 29 marzo.

Il gruppo di ricerca guidato da Gerd Hasenfuss, della Georg August University di Goettingen, afferma infatti di essere riuscito ad isolare dai testicoli di alcuni topi da laboratorio cellule staminali che presentano caratteristiche molto simili a quelle delle cellule staminali embrionali. Secondo gli scienziati, la stessa cosa potrà essere fatta intervenendo sui testicoli umani, con una semplice biopsia. Un risultato che garantirebbe la possibilità di coltivare cellule staminali a fini terapeutici geneticamente compatibili con chi ha bisogno di cure, ma senza intervenire sugli embrioni umani ed evitando così gli ancora irrisolti problemi scientifici ed etici.

Il risultato ottenuto dai ricercatori guidati da Hasenfuss in realtà è almeno in parte una conferma. Agli scienziati era già noto infatti che alcune cellule presenti nei testicoli dei topi neonati avevano la capacità di generare tessuti di diverso tipo. Il grande passo avanti è stato accertare che questa capacità straordinaria ai fini terapeutici rimane intatta anche nelle cellule dei testicoli dei topi adulti.

Per arrivare alla scoperta, gli studiosi dell'università di Gottinga hanno isolato le cellule staminali responsabili della generazione di sperma nei testicoli dei ratti. Successivamente, grazie a particolari condizioni di coltura, sono riusciti a far riprodurre alcune cellule in colonie molto simili alle staminali embrionali che hanno ribattezzato "multipotent adult germline stem cells (maGSCs)". Le "maGSCs", allo stesso modo delle staminali embrionali, possono differenziarsi spontaneamente nei tre tessuti primari dell'embrione (endoderma, mesoderma, ectoderma) e svilupparsi quindi successivamente in organi diversi.

Fonte: Repubblica

17 marzo 2006

Ri-Man, il robot per sollevare anziani

È dotato di sensori che gli permettono di effettuare prese delicate e di riconoscere comandi vocali

Ri-Man allunga le sue braccia metalliche, le pone con delicatezza sotto il corpo da sollevare, e con altrettanta premura lo alza per portarlo laddove questo desidera.
Ri-Man sa essere una balia forte e attenta per anziani e inabili. Sviluppato dalla società giapponese Riken, è il primo robot disegnato per "trasportare" in giro per casa i propri padroni. Oppure tra le corsie di un ospedale, come aiutante di infermieri.

È dotato di sensori che gli permettono di riconoscere visi e comandi vocali e di muoversi anche in ambienti in disordine, ed è controllato da microprocessori chiamati C-Chips. È capace di distinguere un abbraccio gentile da una presa salda. Finora i suoi "esercizi" di sollevamento si sono limitati a manichini di 12 kg.

In questo video e possibile vederlo in azione

Fonte: Panorama

16 marzo 2006

Gli Usa studiano l'arma «insetto cibernetico»

Auguriamoci solo che queste tecnologie siano più utili nel campo civile che per scopi bellici.

Introducendo un microchip all'interno di un insetto gli esperti americani ritengono di poter spiare e rintracciare i nemici.

Il progetto è stato ideato dall'agenzia militare del Pentagono Darpa

WASHINGTON - Potrebbe sembrare l'ultima trovata fantascientifica di James Bond per combattere la guerra al terrorismo del XXI secolo, invece è un progetto reale prodotto dal Pentagono per mantenere la superiorità tecnologica degli Usa in campo militare. La nuova arma è già stata battezzata con il nome «insetto cibernetico» e gli esperti americani assicurano che attraverso questo nuova invenzione potranno individuare il nascondiglio dei depositi di esplosivo nemici e registrare le conversazioni dei terroristi.

PIANO - Il piano, che è stato ideato dalla «Defence Advanced Research Projects Agency (Darpa)», un'agenzia che lavora per il Pentagono allo sviluppo delle tecnologie militari americane sin dal 1958, da un punto di vista bellico è davvero innovativa e non conosce nulla di simile. I militari intendono inserire un microchip all'interno di bruchi che in futuro diverranno farfalle. Durante il periodo di sviluppo, mentre la pupa diventa grande, gli organi dell'insetto si sviluppano attorno ai chip. Secondo gli esperti della Darpa, una volta che il bruco sarà diventato una farfalla, l'insetto potra essere controllato scientificamente via radio, potrà registrare e trasmette in diretta attraverso particolari sensori presenti nel microchip le conversazioni riservate che avvengono in un luogo lontano, preferibilmente territori inaccessibili alle forze militare americane. Inoltre individuerà i luoghi dove sono nascosti i depositi di esplosivo e le bombe nemiche. «Si creerà un insetto-ibrido», afferma il sito web della Darpa, «che potrebbe essere veramente efficace nella ricerca di informazioni segrete»

SCETTICISMO - Ma non tutti sono certi che il progetto possa essere portato a termine, anzì c'è chi come il dottor George McGavin, esperto entomologo e ordinario all'Università di Oxford dichiara ai microfoni della Bbc che l'idea gli sembra ridicola. «Non tutte le idee folli sono senza valore. Penso che da alcune idee si possano produrre cose buone, ma questa non produrrà nulla di efficace». Il dottore ritiene che l'inserimento del microchip altererà la naturale evoluzione del bruco e non permetterà alla futura farfalla di vivere. Altri famosi entomologi, come Stuart Hine, dichiarano invece che la convivenza tra l'insetto e il microchip è possibile, ma sono scettici sulla possibilità di creare un insetto-cyborg: «Mi sembra, afferma Stuart Hine, che l'insetto cibernetico sia un'invenzione che potrà essere vista solamente nella fiction»

ESPERIMENTI - La Darpa però non sarà fermata dalle critiche degli accademici. I primi esperimenti partiranno a breve e si concentrano particolarmente sulle vespe e altri insetti: gli scienziati cercheranno attraverso i recettori artificiali presenti su questi insetti di rilevare l'odore di esplosivo.

Fonte: Corriere della Sera

Il Cnr ha realizzato un robot imitatore

Macchine che imitano i comportamenti umani, un po' come fanno i bambini. E' questa l'ultima sfida, affrontata dalla ricerca Cnr nel campo della robotica moderna, che si sta orientando sempre più verso "l'umanizzazione della macchina", cercando cioè di prevedere modalità di interazione con l’uomo sempre più semplificate e naturali.

Da una parte si punta sull’apparenza "verosimile", costruendo sia robot antropomorfi (umanoidi), sia robot dalle fattezze di animali capaci di movenze ed espressioni sempre più sofisticate e raffinate. Contemporaneamente, si cerca di fornire i robot di software in grado di simulare alcune delle caratteristiche che sono ritenute fondamentali per un comportamento "intelligente": rappresentazione interna del mondo attraverso le percezioni e differenti livelli di astrazione, utilizzo di varie forme di linguaggio e di canali di comunicazione, capacità di apprendimento, pianificazione ed interazioni sociali, modulazione dei comportamenti attraverso opportuni stati emotivi.

"Così come i bambini imparano a coordinare le varie parti del corpo dall’imitazione ripetuta dei movimenti, allo stesso modo il robot, “imitando" e osservando l’uomo, può riuscire ad eseguire azioni simili attraverso le proprie componenti meccaniche”, spiega Ignazio Infantino, ricercatore dell’Istituto di calcolo e reti ad alte prestazioni (Icar) del Consiglio nazionale delle ricerche che ha sviluppato il sistema ConScis in collaborazione con il Dipartimento di ingegneria informatica dell’Università di Palermo. “Il nostro sistema è basato sul principio degli “spazi concettuali”, cioè rappresentazioni geometriche che permettono di “trattare” la conoscenza che scaturisce dalle percezioni della macchina, gestendola in modo da definire piani di azione, immaginarne le conseguenze, descrivere la propria attività”.

Mentre alcuni sistemi di robotica puntano sulla imitazione della fisicità umana, insomma, quello dell’Icar-Cnr si basa sulla psicologia. “Le potenzialità del sistema – che cerca di integrare quelle capacità imitative tipiche dell’intelligenza nei sistemi robotici antropomorfi - sono legate ad un modello interno versatile che tiene conto dell’ambiente in cui il robot agisce, in modo da avere descrizioni da molteplici punti di vista: il robot può agire in modo “istintivo” e automatico a certi stimoli sensoriali (comportamento reattivo), ovvero cercare di comprendere ed analizzare il contesto per agire secondo criteri “intelligenti” (comportamento cognitivo)”, continua Infantino.

Le sperimentazioni sono state effettuate su un sistema composto da un braccio robotico industriale e da una mano robotica antropomorfa, “investigando sulle capacità imitative nell’esecuzione di compiti di manipolazione ed interazione con l’utente umano attraverso la gestualità”.

La tematica dell’Imitation learning (o Learning by demonstration) nell’ambito della robotica è attualmente considerata ricca di potenzialità ed è oggetto di investigazione da parte di vari gruppi di ricerca nel mondo. Il ruolo svolto dai ricercatori di Palermo in tale ambito è considerato dalla comunità scientifica internazionale estremamente significativo.

Il sistema ConScis viene presentato al primo simposio europeo sulla robotica (European Robotics Symposium, Euros-06, in corso a Palermo da oggi 16 marzo fino al 18 marzo proposto dalla rete di eccellenza Euron (European robotics research network). La manifestazione tratterà degli ultimi sviluppi della ricerca e dei sistemi robotici impiegati in vari scenari applicativi.

Fonte: Città della Scienza

Sempre piu' robot nelle case

ROMA, 16 MAR - Appena 20 o 30 anni, ed i robot diventeranno una presenza familiare nelle case. Il dato emerge dal 1/mo convegno europeo di robotica. Sempre nell'arco dei prossimi 20 anni, gli investimenti nella robotica sono destinati ad aumentare in modo significativo, passando dall'attuale fatturato di 11 miliardi di dollari a 66 miliardi di dollari. Il convegno, organizzato dalla rete Euron, si svolge a Palermo.

Fonte: Ansa

14 marzo 2006

Nanoparticelle riparano traumi cerebrali

Un nuovo approccio alla cura dei traumi cerebrali è stato sperimentato con successo sui criceti da ricercatori del Massachusetts Institute of Technology di Boston coordinati da Rutledge Ellis-Behnke. I danni cerebrali resentano notevoli ostacoli alla loro cura, sia per la presenza di tessuto da cicatrici che per la formazione di grandi vuoti nel tessuto cerebrale, tali da rendere difficile l'uso di metodi convenzionali chirurgici. Il nuovo approccio cerca di aggirare questi ostacoli grazie alla nanotecnologia.

Dopo aver interrotto un tratto nervoso legato al circuito visivo in criceti adulti e giovani, i ricercatori hanno iniettato negli animali una soluzione con nanoparticelle. Queste particelle, di dimensioni microscopiche, hanno la capacità di organizzarsi da sole in fibre simili a quelle che esistono nello spazio intracellulare e che tengono assieme i tessuti. La sostanza iniettata quindi ha formato una sorta di sostegno che ha permesso la ricrescita delle connessioni cerebrali. In questo modo i criceti sono tornati a vedere.

Le nanoparticelle poi si sono a poco a poco degradate in sostanze chimiche non dannose per l'organismo e sono state espulse attraverso l'urina. Secondo gli esperti, potrebbero servire in interventi di chirurgia cerebrale ricostruttiva anche negli esseri umani.

Fonte: Città della scienza

Interfacce, Minority Report è qui

Nel film interpretato da Tom Cruise l'interfaccia grafica del computer centrale si basava su un sistema multitouch-screen fantascientifico: Jeff Han ne ha mostrato il progenitore all'ultimo Etech.

San Diego (USA) - Un applicativo dal sapore fantascientifico è stato presentato nei giorni scorsi all'evento Etech, cioè la ÒReilly Emerging Technology Conference, un sistemino che ha attirato rapidamente l'attenzione del pubblico geek della conferenza.

Jeff Han, consulente del Dipartimento di Computer Science della New York University, ha tenuto banco con il suo ultimo progetto, denominato multi-touch interaction.

I partecipanti alla Conference sono rimasti estasiati nel vedere cosa Han è stato in grado di fare su un gigantesco schermo touch-screen con la sola pressione delle dita. Sembrava una comune clipboard touch-screen, ma grazie a particolari sequenze di contatto permetteva la gestione di file, immagini e quant'altro in un modo che ha ricordato a molti le tecnologie già viste nel celebre film di Steven Spielberg Minority Report.

Se i touch-screen elaborano un singolo punto di contatto alla volta, il multi-touch rende possibile un'interazione più completa ed elaborata grazie al riconoscimento di più punti, una funzionalità che amplifica a dismisura le modalità di interazione con l'oggetto visivo, o gli oggetti, presentati a schermo.

Con due dita o con le due mani il giovane ricercatore ha spostato immagini sullo schermo, ha fatto ruotare fotografie, le ha dimensionate a piacimento, eseguito editing, gestito archivi e console musicali: persino azioni più semplici come lo scrolling su Google Map, così come lo zoom, sono sembrate azioni da film di fantascienza.

Secondo Han, questa opzione apre la strada a numerose possibilità, compreso l'utilizzo di sofisticate applicazioni di editing video. Per ora è stato utilizzato un display a retro-proiezione che misura 91,44 x 68,58 cm, e che ha una risoluzione tattile di 0,25 cm. Un filmato (vedi sotto) reso disponibile dallo stesso Han chiarisce, più di mille parole, la portata della novità.



Lo sviluppo continua e, secondo Han, le prossime sfide sono rappresentate dall'implementazione di display con dimensioni diverse, e di un sistema in grado di riconoscere la digitazione di ogni singolo dito, in modo da attribuire una funzione a ciascuno.

Fonte: Punto Informatico

Tasso infinito di acquisizione del sapere

Pubblico questo interessantissimo articolo a firma di un membro del Movimento Raeliano, Carlos Bustamante, pubblicato su free.it.movimento.raeliano

Gli anni più recenti ci mostrano come la conoscenza e il progresso scientifico di cui gode l'umanità crescano a velocità sempre più alte, esorbitanti se paragonate rispetto a anche solo 50 anni fa. L'efficienza di acquisizione e di calcolo segue la legge di Moore che prevede il raddoppio ogni un tempo fisso, nel caso dei processori elettronici tale periodo vale 18 mesi, ma anche
per il progresso umano può essere adottato lo stesso modello, visto che gli strumenti si affinano col crescere della conoscenza, e questa viene acquisita tanto più velocemente quanto più affinati sono gli strumenti.

Tuttavia bisogna tenere conto che anche i costi dimezzano, in conseguenza della legge di Moore, nello stesso periodo. Nel caso umano avremo quindi una resa doppia a parità di investimento, ovvero l'investimento neccessario per ottenere la medesima resa, dimezza. Nel caso dell'umanità tale investimento è fondamentalmente identificabile con il tempo.

Infine, si può pensare che il modello esponenziale di Kurzweil sia in realtà una sottostima di una realtà cui aderisce meglio un modello con curva di crescita asintotica.

Rimane ancora difficile quantificare la il progresso ottenuto dall'umanità nel corso della storia (se qualcuno ha dati precisi e mi può smentire per favore me li segnali), ma possiamo grossomodo considerare che sia ragionevole che dall'invenzione dell'automobile e l'introduzione delle reti elettriche di massa (circa 1895) al pieno sviluppo di elettronica miniaturizzata e dei viaggi spaziali (circa 1965) si sia progredito di una quantità pari a quella di cui si era beneficiato in tutta la storia dell'umanità FINO al 1895. Quindi in un intervallo di tempo di 70 anni la conoscenza e la potenza degli strumenti tecnologici si può considerare raddoppiata. Secondo quanto detto sopra, la stessa quantità di progresso si otterrebbe in un tempo dimezzato, quindi nel 2000 avremmo avuto una conoscenza quadrupla rispetto al 1895, e doppia rispetto a quella del 1965.

Con qualche passaggio matematico è facile identificare un asintoto nel 2035 (ovvero, preso un intervallo I di raddoppio della conoscenza al tempo T, l'asintoto si trova nel tempo Ts=T+2I), e inoltre il progresso nel tempo non segue la legge esponenziale ipotizzata da Kurzweil nella sua teoria sulla Singolarità Tecnologica, ma una legge iperbolica (almeno per il momento) che potremmo scrivere così [*]:

(1) P(t) = P(t0)*(ts-t0)/(ts-t)

dove t è il tempo in ascissa, la funzione del tempo P è il progresso, t0 è un tempo in cui sia nota la quantità del progresso, e ts il tempo dell'asintoto, con cui potremmo identificare l'istante della singolarità, in cui la scienza acquisita non solo trascende la comprensione umana, ma tenderebbe ipoteticamente all'infinito.

[*] tali risultati si ottengono considerando noto un P(t0) e applicando la legge ipotizzata:

(2) P(t0 + I*sum_{i=0}^n 1/2^i)=2^(n+1)*P(t0). Risolta la sommatoria si può sostituire n e ricavare la P(t), si
sostituisca poi t0+2I=ts per ottenere l'espressione nella forma presentata.

Se invece si vuole ipotizzare una legge che a secondo membro della (2) consideri non 2^(n+1)*P(t0) ma una più "conservativa" (n+1)*P(t0), allora è sufficiente fare il logaritmo base 2 della (1), la funzione risulterà nel complesso meno ripida ma avrà comunque asintoto in ts=t0+2I


13 marzo 2006

Staminali: Da Sangue Mestruale Quelle Per Riparare Cuore

ROMA, 13 mar - Cellule staminali prelevate dal sangue mestruale e dal cordone ombelicale si comportano in modo molto simile alle cellule del muscolo cardiaco, tanto da poter diventare nuove fonti alle quali attingere per riparare il cuore danneggiato dall'infarto . E' quanto hanno dimostrato due ricerche condotte in Giappone e presentate nel congresso dell'American College of Cardiology in corso negli Stati Uniti ad Atlanta.

Per il momento i test sono stati condotti in provetta e non ancora su animali, ma i ricercatori della Keio University sono decisamente ottimisti. Considerando le cellule del sangue mestruale e quelle del cordone ombelicale come nuove fonti di cellule staminali ''potremmo utilizzare le nostre stesse cellule per riparare i difetti del cuore'', ha osservato uno dei responsabili dello studio, Sunichiro Miyoshi.

Nel primo studio le cellule staminali della parete che riveste l'utero (endometrio) sono state isolate nel sangue mestruale raccolto da sei donne. Studiando il comportamento di queste cellule, i ricercatori si sono accorti che, al momento del prelievo, circa la meta' di esse si contraeva simultaneamente: un fenomeno che ha suggerito l'esistenza di una sorta di comunicazione elettrica fra le cellule molto simile a quella che esiste fra le cellule cardiache. Ulteriori analisi delle cellule immature del sangue mestruale hanno rivelato che in esse erano presenti altre caratteristiche molto simili a quelle delle cellule cardiache, come la presenza di una proteina del tessuto muscolare chiamata troponina-1 e di un'altra proteina, la connessina 43, coinvolta nelle interazioni fra le cellule. Per questi motivi i ricercatori giapponesi suggeriscono che le cellule staminali provenienti da questa fonte potrebbero essere interessanti candidati per rimpiazzare le cellule del miocardio, presentando inoltre il vantaggio di poter essere raccolte facilmente da volontarie. Secondo i ricercatori il sangue mestruale potrebbe essere una fonte preziosa di cellule utili per il cuore anche per il grande numero che e' possibile isolarne da un unico campione di sangue.

Nel secondo studio lo stesso gruppo ha isolato dal sangue del cordone ombelicale cellule mesenchimali, in grado di dare origine a ossa, muscoli e pelle. Anche in questo caso i ricercatori hanno osservato che le cellule si contraevano simultaneamente, il che indicherebbe una significativa comunicazione elettrica tra esse. Anche in questo caso, inoltre, le cellule mostrano l'espressione di geni presenti nelle cellule cardiache, come quello che regola la presenza di proteine come la troponiona-1 e la connessina-43. Ad alimentare definitivamente l'ottimismo sulla possibilita' di utilizzare cellule del cordone ombelicale per riparare il cuore e' stato il fatto che circa la meta' delle cellule prelevate sono state trasformate in laboratorio in cardiomiociti, ossia in cellule precursori delle cellule del muscolo.


Informatica quantistica

I progressi tecnologici si avvicinano sempre più alla Singolarità. Ecco un esempio.

E´ il superprocessore del futuro, avrà una velocità di centinaia di teraflop al secondo (1 teraflop/s: mille miliardi di calcoli al secondo), grazie alle applicazioni della fisica quantistica e della nanotecnologia all´informatica.

Siamo solo alla realizzazione di un modello: il quantum computer è previsto non prima del prossimo ventennio. Elaborato da un team dell´Università del Michigan, il microchip contiene un atomo di cadmio, riproducibile per una produzione di massa a differenza dei chip in silico. Le potenzialità di calcolo di un quantum computer sono dovute alle peculiarità del suo qubit o quantum bit di informazione, contenuto nell´atomo.

Lo studio sul primo nanochip quantistico è un balzo nella corsa delle aziende It verso la costruzione del primo di questi processori. Un computer con una potenza di calcolo inimmaginabile: potrà decifrare in 30 secondi codici crittografici, come i computer quantici in elaborazione nell´ambito del progetto Quantum Information Science and Technology della Difesa americana che dal 2001 si occupa di informatica quantistica. Un altro importante passo è stato compiuto dall´Air Force Research Laboratory del Massachusetts: gli scienziati sono riusciti ad intrappolare e isolare un fotone, immagazzinandolo in un cristallo.

Si stima che un supercomputer da 20 qubit arriverebbe a più di un milione di calcoli simultanei, l´equivalente di potenza di una rete di un milione di pc. All´Ibm dal 2001 è stata progettata una molecola di carbonio e fluoro in grado di contenere 7 qubit, controllabili con impulsi di radio frequenze e risonanza magnetica. Ci sono però molti problemi tecnici da risolvere, come la bassa temperatura a cui devono essere sottoposti gli atomi.

Fonte: Veneto Nanotech

Londra, scanner dell'iride ad Heathrow

Il futuristico sistema d'identificazione biometrica è stato installato in un terminal del trafficatissimo aeroporto londinese. Chi opterà per la biometria potrà dire addio al passaporto

Londra - Le autorità britanniche scelgono l'aeroporto di Heathrow per sperimentare il primo scanner dell'iride per l'identificazione anagrafica degli immigrati in arrivo nel Regno Unito. Il Terminal 1 dello scalo internazionale londinese, trafficato da 97 milioni di viaggiatori all'anno, è ora una frontiera biometrica dotata di un sofisticato sistema di riconoscimento dell'iride.

Il nuovo metodo d'identificazione sostituirà gradualmente il lungo e laborioso processo del controllo passaporti, come previsto dall'amministrazione Blair. Il servizio è già attivo, tuttavia è limitato ai soli residenti oppure ai cittadini britannici che si spostano continuamente all'estero. Successivamente, la sperimentazione verrà ampliata anche ai cittadini dei paesi del Commonwealth, nonché a tutti coloro che ne faranno esplicita richiesta.

I candidati in regola possono già convertire il loro documento cartaceo in una immagine ad alta definizione dell'iride: per oltrepassare la frontiera e recarsi alla zona d'imbarco basterà farsi fotografare l'interno dell'occhio con un'apposita telecamera di precisione. Simili sistemi per la biometria oculare verranno installati entro la fine del 2006 in tutti i terminali dell'aeroporto di Heathrow.

Il governo britannico ha speso quasi tre milioni di sterline per lo sviluppo e lo studio di questa tecnologia. Il piano del ministro dell'immigrazione Tony McNulty prevede la creazione di frontiere biometriche anche negli aeroporti di Gatwick, Stansted, Birmingham e Manchester. "Dobbiamo essere in grado di scongiurare qualsiasi minaccia terroristica", sostiene McNulty, "e questo tipo di tecnologie garantiscono maggiore sicurezza alle frontiere: contro il terrorismo, contro la criminalità organizzata e contro l'immigrazione illegale".

L'immagine ottenuta dall'iride dei passeggeri verrà associata ad un profilo personale all'interno di un archivio di Stato. Il Governo ha più volte dichiarato che tutti gli archivi biometrici nazionali sono sicuri ed inespugnabili.

Il Regno Unito è tra i paesi più avanzati nell'implementazione di questo tipo di tecnologie per l'identificazione personale. Controlli anagrafici basati sull'analisi oculare sono stati sperimentati su larga scala fin qui soltanto negli Stati Uniti.

Fonte: Punto Informatico

11 marzo 2006

News: Niente più tumori nelle staminali

E’ stata scoperta una tecnica per evitare che le cellule embrionali scatenino delle forme tumorali. Questo fa sì che le embrionali possano essere utilizzate più tranquillamente nella ricerca medica e scientifica

Su Nature Biotechnology sono stati pubblicati i risultati di una ricerca condotta in Australia. Si tratta di uno studio, coordinato da Martin Pera, dell'Australian Stem Cell Centre di Melbourne, che rappresenta il superamento di un importante ostacolo nello sviluppo della tecnologia di utilizzo delle cellule staminali embrionali. E’ stata cioè messa a punto una tecnica che permette di evitare che le cellule staminali possano dare origine a tumori, si potrà insomma utilizzare più tranquillamente le cellule immature di origine embrionale. In qualche modo questa è una risposta a quanti ritengono che le cellule di questo tipo siano instabilità e che per questo sarebbe meglio interrompere la ricerca basata sulle staminali embrionali.

Il gruppo di ricerca australiano è affiancato da scienziati del Monash Institute of Medical Research: insieme hanno scoperto in quale maniera un marker cellulare, il CD30, presente in tutte le cellule staminali embrionali, si modifica quando le cellule sviluppano anomalie. Tale scoperta consentirà di identificare quali cellule staminali iniziano a sviluppare le anomalie antecedenti alla fase cancerosa. Pera in un’intervista tv ha affermato che questo "Non significa che abbiamo raggiunto il controllo, ma abbiamo composto un gran pezzo del puzzle. Almeno possiamo vedere che la cellula sta mutando e possiamo chiederci cosa vi sia nella coltura che causa la mutazione. Lo sviluppo è significativo perché chi si oppone alla ricerca con staminali embrionali spesso cita il fatto che gli scienziati non hanno controllo sullo sviluppo delle cellule, e che molte di queste possano sviluppare tumori".

Fonte: Salute-Ambiente

07 marzo 2006

Biometria: l'era dell'identità digitale

Sul prossimo numero del mensile Newton un ampio servizio sulle nuove tecniche di identificazione che ci cambieranno la vita

Le nostre impronte digitali, l’iride, la forma del viso, il nostro odore, saranno presto contenuti in un minuscolo chip in grado di dire, e garantire, chi siamo. E per farci accedere in aree protette, o superare rigidi controlli, anche soltanto con uno sguardo... Tutto questo riguarda la biometria, disciplina che studia come rivoluzionare la nostra vita pubblica. E privata. Ne parla diffusamente l'ultimo numero del mensile Newton, che offre un'ampia trattazione delle nuove tecniche di identificazione.

Non si tratta di fantascienza ma di scienza già disponibile nella vita reale. Qualche esempio? All’aeroporto londinese di Heathrow i viaggiatori assidui evitano le code ai controlli di frontiera grazie a un apparecchio che attraverso il riconoscimento dell’iride identifica le persone senza possibilità di errore. Lungo la frontiera tra Israele e Gaza ogni giorno migliaia di pendolari varcano i controlli di sicurezza. Molti di questi sono in possesso di una carta elettronica che contiene al suo interno i dati caratteristici del volto e della geometria della mano. In apposite cabine i titolari di questi speciali documenti mostrano la tessera e lasciano che telecamere e sensori rilevino le caratteristiche del proprio corpo. Il sistema, confrontando i dati sulla carta e quelli presi dal vivo, accerta definitivamente che chi mostra il documento ne sia il reale proprietario.

E non c'è solo la biometria «fisica», c'è anche quella comportamentale, che prende in esame altri aspetti, come per esempio la grafia, la voce, l’andatura. Questi ultimi metodi sono più soggetti a errore, in quanto le caratteristiche comportamentali di un essere umano non sono misurabili in maniera univoca, ma sono facilmente soggette a variazioni nel tempo e a modificazioni di stato.

La biometria può semplificarci la vita, eliminando le code e aiutandoci a proteggere meglio i nostri beni e la nostra stessa identità. E può diventare una potente arma contro problemi in crescita esponenziale come il furto di identità. Ma dovrà anche affrontare il problema della privacy e dell'accessibilità dei nostri dati biologici.

Fonte: Corriere della Sera

03 marzo 2006

Locali notturni: si cambia bio-ritmo?

Breve viaggio nel futuro della nightlife: chip sottopelle per acquistare drink e riconoscimento facciale all'entrata delle discoteche. La biometria cambierà (anche) le regole del tempo libero

Roma - Sul rituale del sabato sera s'è detto praticamente di tutto: tonnellate di scritti, kilometri di pellicola e migliaia di tragici incidenti ci ricordano che le persone, arrivati alla fine di una lunga settimana, vogliono divertirsi da morire. Le tecnologie biometriche potrebbero però presto rivoluzionare ed condizionare la gioia di un'uscita "in libertà".

Il mondo del divertimento notturno, negli ultimi anni, è infatti diventato un interessantissimo laboratorio per esperimenti biometrici, in grado secondo molti di anticipare comportamenti che diventeranno via via sempre più comuni. Nei prossimi anni potremmo assistere ad un cambio di paradigma e non solo nella vita notturna. Una rivoluzione che coinvolgerà tutti i settori della società, dovuta alla diffusione sempre più capillare di tecnologie digitali, ma soprattutto ad esigenze di carattere istituzionale, legate a questioni di sicurezza interna ed instabilità internazionale.

Basta andare oltreoceano per rendersi conto che i dispositivi di riconoscimento facciale, comparsi solo poche decine d'anni fa nell'irrealtà della filmografia fantascientifica, sono ormai uno strumento affidabile e poco costoso per gestire la sicurezza di un locale notturno.

La BioBouncer, giovane azienda statunitense, propone già da qualche tempo un sistema di identificazione biometrica dal costo di appena 7500 dollari: una cifra assai inferiore rispetto a quanto viene richiesto da una squadra di buttafuori palestrati ed arrabbiati. L'apparecchio, costituito da piccole telecamere e da un apposito software compatibile con Windows, viene utilizzato all'entrata di una discoteca o di un bar e serve per riconoscere a vista un qualsiasi avventore. Basta schedare i clienti non appena varcano la soglia del locale, trascriverne i dati et voilà: ogni potenziale guastafeste è immediatamente riconoscibile, anche a distanza di anni.

Già, perché se uno dei clienti schedati dovesse far scattare una rissa, il proprietario di BioBouncer può stare sicuro che non lo vedrà mai più nel suo locale - anche se il teppista si rasa i capelli o cambia completamente vestito. Questo perché BioBouncer utilizza un sistema d'analisi matematica del volto: un dato unico, difficilmente confondibile anche in un raffronto tra due gemelli omozigoti.

Ma questo è solo un anticipo di ciò che potrebbe presto accadere nella maggior parte dei luoghi pubblici, come le ultime notizie di cronaca britannica lasciano ampiamente presagire. Non serve andare fino negli Stati Uniti per vedere la tecnologia biometrica in azione. Basta andare nella vicina e visitatissima Barcellona, capitale del divertimento sulle coste spagnole del Mediterraneo.

Già da qualche anno, in un noto club notturno della movida cittadina, vengono utilizzati chip sottopelle per identificare immediatamente tutti i frequentatori. Niente code all'entrata, niente problemi con minorenni che si spacciano per adulti: uno scanner, rapido e precisissimo, è tutto quello che serve per avere una clientela decisamente selezionata ed altrettanto controllata.

L'uso degli impianti subdermali prenderà sempre più piede non appena potrà essere abbinato a sistemi biometrici di pagamento e transazione bancaria, simili a Pay by Touch. Così, grazie ad ingegnosi ed altrettanto semplici software, i baristi potranno sapere con esattezza il quantitativo di alcool consumato da ogni singolo avventore. Alla stessa maniera, sarà possibile marchiare e riconoscere immediatamente tutti quei clienti che hanno più volte alzato il gomito. E via dicendo, all'infinito - l'unico limite è la fantasia. La sicurezza aggiuntiva offerta dalle tecnologie biometriche non ha praticamente confini.

L'unico vero limite all'impiego della biometria, strumento poliedrico nelle mani di qualsiasi inventore, politico o imprenditore, è la privacy. Tuttavia la libertà non va mai troppo d'accordo con la sicurezza - mai, come in questo caso, si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Tanto più che di privacy in molti neppure vogliono sentir parlare.

Fonte: Punto Informatico

Il congresso mondiale per la liberta' di ricerca

Una liberta' che tenga conto della scienza e che sappia ascoltarla: la chiedono gli scienziati che si sono riuniti a Roma, nel congresso mondiale per la liberta' di ricerca organizzato dall'Associazione Luca Coscioni e promosso da un comitato del quale fanno parte alcuni dei ricercatori maggiori esperti italiani di cellule staminali, come Elena Cattaneo, Piergiorgio Strata e Giulio Cossu.

"Abbiamo lasciato i nostri laboratori e i nostri topi perche' questo e' il momento di scendere in campo e di rivolgerci alla societa", ha detto Piergiorgio Strata, neurofisiologo dell'universita' di Torino e direttore del Centro Rita Levi Montalcini per le cure del cervello, in apertura del congresso che ha richiamato a Roma ricercatori da tutto il mondo.

In primo piano il problema della ricerca sulle cellule staminali embrionali, diventato il simbolo di quel "peso del potere politico" che gli scienziati avvertono sempre piu' forte, al punto da far pensare che "il processo a Galileo non e' finito", come ha detto Strata. "Ci sentiamo veramente minacciati nella nostra liberta'", ha aggiunto il neurofisiologo riferendosi sia alla liberta' nella carriera scientifica ("nella quale l'Italia e' il Paese piu' restrittivo"), sia alla liberta' delle "decisioni prese tenendo conto del parere degli scienziati".

Quello che pesa e' la mancanza di una "normalita' nel rapporto fra la scienza con la societa', l'etica e la politica", ha detto Elena Cattaneo, direttrice del laboratorio sulle cellule staminali dell'universita' di Milano. Alla societa' gli scienziati chiedono di riconoscere, come ha aggiunto Elena Cattaneo, che "la vera ricchezza della scienza consiste nella conoscenza e nel dare a noi e ai nostri governi la possibilita' di fare delle scelte". Per questo motivo sono state molte le voci critiche contro la proposta di legge Rutelli, che mette l'accento sulla ricerca sulle cellule staminali adulte e proibisce quella sulle linee di cellule staminali embrionali gia' esistenti.

E' "fuori luogo", ha detto Cattaneo, perche' e' "un insulto alla scienza e si basa su una non-conoscenza". La proposta prevede inoltre di finanziare programmi di informazione per i cittadini, "ma solo sulle potenzialita' e le prospettive relative alle cellule staminali adulte. In questo modo si utilizzano fondi pubblici per dare informazioni di parte". L'idea generale, ha osservato Elena Cattaneo, "e' che si stia mirando ai voti ed e' possibile che nessuna abbia il coraggio di fare qualcosa di piu'".

In generale, ha osservato il segretario dell'Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, "sulla conoscenza e sui dati di fatto relativi alla conoscenza non deve essere consentito barare. Le bugie sui fatti scientifici non sono tollerabili". Cappato ha inoltre lanciato la proposta di girare ai politici italiani le numerose richieste di sollecitazioni a proseguire la ricerca sulle cellule staminali embrionali che pazienti e associazioni di pazienti inviano ogni giorno ai laboratori. Questo, ha aggiunto, potrebbe essere anche un aiuto a "capire che i fondi per la ricerca europea sulle cellule staminali non vanno bloccati". Ed ha proposto di presentare una petizione al Parlamento Europeo "perche' quei finanziamenti non vengano bloccati per ragioni ideologiche".

Presentando ufficialmente il Manifesto per la liberta' di ricerca, il bioeticista e storico della medicina Gilberto Corbellini, dell'universita' di Roma La Sapienza ha ricordato alcune delle vicende che negli ultimi anni hanno coinvolto la scienza italiana, da quelle sugli ogm alla vicenda Di Bella, al divieto della clonazione animale: "episodi che dovrebbero essere causa di inquietudine nei cittadini perche' il rispetto della scienza e' l'indicatore dello stato di salute di un Paese relativamente alla liberta'".

I finanziamenti

E' "tragica" la situazione italiana relativa ai finanziamenti della ricerca. Nonostante accada spesso che ricercatori italiani siano chiamati da altri Paesi a far parte delle commissioni nazionali per l'assegnamento dei finanziamenti a progetti di ricerca, come garanzia di obiettivita', "le commissioni del nostro Paese sono composte tutte da italiani", ha detto Elena Cattaneo. Unica eccezione, ha aggiunto, e' Telethon, "con la sua straordinaria opera di moralizzazione della ricerca, condotta attraverso una commissione composta da persone autorevoli e di grande spessore morale". Nonostante la generale mancanza di trasparenza, l'Italia riesce comunque ad avere "ottimi gruppi di ricerca, ottime iniziative e ottimi risultati. C'e' del coraggio da parte di tanti ricercatori italiani e adesso vorremmo vedere questo coraggio anche da arte delle forze politiche".

Il processo a Galileo non e' finito

"Il processo a Galileo non e' finito": ne sono convinti i tanti scienziati italiani riuniti a Roma. Tanti gli scienziati che hanno deciso di lasciare i laboratori per scendere in campo, in una nuova battaglia la cui bandiera e' la ricerca sulle cellule staminali embrionali, ma nella quale sono in gioco valori fondamentali per garantire l'autonomia e il rispetto della ricerca da parte della politica, cosi' come la trasparenza nell'assegnazione dei finanziamenti. "Ci sentiamo veramente minacciati nella nostra liberta'", ha detto Piergiorgio Strata. "E' giusto che la societa' decida di interferire con la scienza, visto che i cittadini pagano le tasse e finanziano la ricerca, ma vorremmo che questo avvenisse in modo ragionevole, e invece sentiamo il peso del potere politico". Un peso che si fa sentire anche nella mancanza di trasparenza nei finanziamenti, ha sottolineato Elena Cattaneo. Manca anche, ha aggiunto, una "normalita' nel rapporto fra la scienza con la societa', l'etica e la politica". E per aprire un dialogo con il mondo politico sul problema della ricerca sulle cellule staminali, il segretario dell'Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, ha proposto di girare ai politici italiani le numerose richieste di sollecitazioni a proseguire la ricerca sulle cellule staminali embrionali che pazienti e associazioni di pazienti inviano ogni giorno ai laboratori. Questo, ha aggiunto, potrebbe essere anche un aiuto a "capire che i fondi per la ricerca europea sulle cellule staminali non vanno bloccati". Ed ha proposto di presentare una petizione al Parlamento Europeo "perche' quei finanziamenti non vengano bloccati per ragioni ideologiche". Nel frattempo il bioeticista britannico John Harris, dell'universita' di Manchester, si chiede: "se un giorno, nei Paesi europei nei quali e' lecita la ricerca sulle staminali embrionali si dovessero sviluppare terapie, ad esempio per la cura del diabete, basate sulle staminali, come si comporterebbero i Paesi che hanno detto 'no' a queste ricerche, come Italia, Germania e Francia? Sarebbe la prova del 9". Anche questa divisione di opinioni e' una sfida per l'Europa e per il commissario europeo per la Ricerca, Janez Potocnik, "la liberta' di ricerca e' un aspetto particolarmente importante nell'Unione Europea, alla luce dei valori della Carta europea dei diritti fondamentali e del pluralismo che questa riflette", ha detto collegato in teleconferenza. La ricerca sulle cellule staminali embrionali ha creato divisioni anche negli Stati Uniti, dove diversi Stati hanno adottato regole diverse. "A dieci anni dalla scoperta delle cellule staminali embrionali stiamo combattendo una guerra politica, negli Stati Uniti come in altri Paesi", ha detto il vicepresidente della coalizione per l'avanzamento della ricerca medica degli Usa, Dan Perry. "Una guerra combattuta dagli scienziati contro coloro che credono che questa ricerca metta in dubbio i loro presupposti sulla vita umana". Tra le armi, la piu' pericolosa e' quella dei finanziamenti: "la ricerca sulle cellule staminali embrionali e' scoraggiata dal governo federale e di conseguenza oggi gli Stati Uniti si trovano ai margini di un campo di studio volto ad alleviare le sofferenze umane".

La prima giornata

Difendere la liberta' di ricerca scientifica nel mondo di oggi significa difendere la liberta' personale tout court perche' chi frena la ricerca, anche attraverso censure o forme di strumentalizzazione, mette a rischio la stessa democrazia. E' questo il messaggio di fondo che e' arrivato dalla prima giornata. Il convegno, al quale hanno mandato messaggi di augurio il presidente della Repubblica Ciampi e il presidente della regione Lazio Marrazzo, e' stato organizzato dall'associazione Luca Coscioni. Lo stesso Coscioni, da anni afflitto dalla sclerosi laterale amiotrofica, si batte per la ricerca sulle cellule staminali. In un messaggio, Coscioni ha messo in risalto "i dogmi e pregiudizi antiscientifici" e il "cinico proibizionismo sulla ricerca scientifica" che inciderebbero sulle "liberta' personali di disporre della conoscenza". Tra gli interventi, di vari esperti italiani e stranieri, quello di Lewis Wolpert, emerito di biologia applicata alla medicina, che ha proposto una distinzione tra scienza e tecnologia ("la scienza resta il modo migliore per conoscere il mondo, inoltre, a differenza della tecnologia, la conoscenza scientifica affidabile non e' carica di valori ne' morali ne' etici"). Ha suscitato interesse e anche polemiche l'intervento di John Harris, bioeticista britannico, secondo il quale "prendere parte alla ricerca scientifica e' un dovere morale che in taluni casi potrebbe anche essere reso obbligatorio attraverso forme di partecipazione obbligate dei cittadini, come nei casi di formazione di giurie ai processi penali". Al centro degli interventi anche il problema della formazione scientifica nelle scuole e nelle universita', quello della bioetica che avrebbe "incrementato le diffidenze verso la scienza", come ha sostenuto lo storico della medicina Gilberto Corbellini, la richiesta di adozione di uno statuto internazionale della ricerca.

La seconda giornata

Sono a rischio, a livello europeo, gli investimenti per la ricerca sulle cellule staminali embrionali, mentre continua ad essere ridotto "in modo allarmante" anche lo stanziamento Ue per tutto il settore Ricerca. L'allarme e' stato lanciato dall'eurodeputata Pia Locatelli durante il Congresso mondiale per la liberta' di ricerca scientifica. Attualmente, ha spiegato l'eurodeputata, "solo il 5% del bilancio dell'Unione e' utilizzato per la Ricerca, con un forte sbilanciamento rispetto ad altri settori di investimento come, ad esempio, l'agricoltura". E la situazione non sembra migliorera' con il VII Programma Quadro per la Ricerca, che diventera' operativo dal primo gennaio 2007: "La richiesta della Commissione e' stata per un finanziamento pari a 72 miliardi di euro, ma il Consiglio europeo ha ridotto il finanziamento a 48 miliardi di euro. E' chiaro che questo e' un problema che portera' a rimodulare necessariamente tutti i progetti". Fortemente a rischio anche la futura ricerca sulle cellule staminali e, in particolare, su quelle embrionali: "C'e' un dibattito molto acceso circa la possibilita' di finanziare la ricerca sulle cellule staminali embrionali nell'ambito del VII programma quadro. Adesso questo tipo di ricerca e' possibile, sia pure con alcuni limiti: il divieto di clonazione riproduttiva, il divieto di ricerca sulle staminali embrionali che implichi modifica del patrimonio genetico, e la limitazione all'utilizzo degli embrioni sovrannumerari". Inoltre, ha precisato, "non si possono finanziare progetti di quei paesi la cui legislazione non consente questo tipo di ricerca". Una parte del Parlamento europeo, ha detto Locatelli, "vuole mantenere questo quadro legislativo, ma c'e' un'altra parte che vuole invece impedire tout court la ricerca sulle staminali embrionali. I contrari sono soprattutto i rappresentanti di sei paesi, e cioe' Austria, Germania, Polonia, Italia, Slovenia e Malta". La ricerca sulle staminali in generale, ha quindi ricordato l'eurodeputata, "ha cominciato ad essere finanziata nel V programma quadro 1998-2002 con uno stanziamento complessivo di 90 mln di euro. Nel VI programma quadro 2002-2006 il finanziamento e' quasi quadruplicato, con circa 390 mln di euro. Ma ora tutto rischia di essere bloccato". Ma quel e' la situazione in Italia? Con la legge 40, ha rilevato Locatelli, "si impedisce di creare nuovi embrioni per fini di ricerca, dal momento che e' possibile fecondare solo tre ovuli che devono poi essere tutti obbligatoriamente impiantati in utero; tuttavia, nulla si dice degli embrioni gia' esistenti e che sono circa 30.000. Quindi, in teoria, la ricerca potrebbe essere possibile su tali embrioni". La battaglia, insomma, "sara' dura", e si prevede uno scontro acceso all'interno delle istituzioni Ue: "Numerosi europarlamentari, comunque, si batteranno perche' possa essere affermato il principio della liberta' di ricerca sulle staminali embrionali, perche' siamo assolutamente convinti che impedire questo tipo di ricerca significa privarsi degli strumenti che potranno aiutarci a costruire possibilita' di cura per centinaia di migliaia di persone". E proprio la situazione italiana resta la "piu' preoccupante: mentre il resto del mondo va avanti nella ricerca noi restiamo indietro, essendo gia' fanalino di coda per i finanziamenti, pari da noi all'1,14% del pil contro l'1.90% degli altri paesi Ue. Siamo insomma i piu' deboli tra i deboli".

Sulle pagine Internet del Congresso mondiale per la liberta' di ricerca sono disponibili gli audio-video di tutti gli interventi e la dichiarazione finale, insieme a tutta la documentazione e gli abstracts: Freedomofresearch

Fonte: Cellule Staminali (Notiziario quattordicinale)

A seconda vista: arriva l'occhio artificiale

Microelettronica e nanotecnologia potrebbero presto portare un po’ di luce ad alcuni non vedenti. Il punto sulla ricerca, le sfide da raccogliere.

Sin dagli inizi dell'era dell'elettronica, scienziati e autori di fantascienza (si veda ad esempio il film italiano Nirvana del 1997) hanno sognato di poter sostituire un occhio non funzionante con un apparato artificiale e ridare così una visione (almeno parziale) ai ciechi. Oggi questo ambizioso obiettivo sembra essere a portata di mano – anche se le soluzioni attualmente in sperimentazione saranno disponibili sul mercato solo fra qualche anno e potranno risolvere solo alcune specifiche patologie.

Sostituire la retina artificiale

In molti laboratori sono in corso ricerche focalizzate sullo sviluppo di una retina artificiale, per sostituire l'organo umano che trasforma la luce in impulsi elettrici da trasferire poi al cervello attraverso il nervo ottico. Il primo esperimento di impianto di un sistema di visione artificiale in un essere umano risale ormai all'anno 2000. Il sistema, composto da una microtelecamera incorporata in speciali occhiali, accoppiata ad un sensore a ultrasuoni, trasmette i segnali a un piccolo computer tascabile, che elabora l'informazione, la ritrasmette a un altro computer e di qui a una rete di 68 elettrodi posti nella superficie del cervello. Questo impianto high tech è riuscito a ridare un poco di vista a un paziente cieco da 36 anni. I risultati, se pur interessanti, sono solo un primo passo verso una buona soluzione: il paziente ha recuperato una capacità visiva pari a quella di una persona molto miope, e l'apparato è relativamente scomodo.

Sono dunque partiti parecchi progetti destinati a costruire un occhio artificiale più performante e portatile. In Europa, solo per citare alcuni esempi, è stato attivo il progetto comunitario OPTIVIP con l’obiettivo di realizzare una protesi in grado di stimolare direttamente il nervo ottico, è in corso una ricerca da parte dell’ospedale oftalmologico di Colonia e avanzate sperimentazioni sono condotte dal pioniere Claude Veraart. La ricerca ha prodotto risultati e i primi prototipi di retina artificiale europea sono già stati impiantati, con risultati interessanti. Anche questo sistema si basa su un apparato esterno collegato però al nervo ottico: dovrebbe essere quindi applicabile anche a pazienti con la retina totalmente inattiva, ma che abbiano un nervo ottico funzionante. Si prevede che il prodotto potrebbe essere reso disponibile al pubblico entro il 2010, a un costo attorno ai 20.000 euro.

Al lavoro anche i laboratori nucleari

Negli Stati Uniti si è addirittura mobilitato l'establishment militar-nuclear-industriale, coinvolgendo enti come il Sandia National Laboratories, un laboratorio chiave per la ricerca nucleare a fini bellici statunitense o l'Argonne National Laboratory, laboratorio che fu parte fondamentale del progetto Manhattan (legato, come noto, alla costruzione della prima bomba atomica). Ancora una volta, aziende ed enti seguono il principio "piatto ricco mi ci ficco" e cercano di godersi una fetta dei sostanziosi stanziamenti messi a disposizione dal National Institutes of Health (e meno male che ogni tanto si mettono i brillanti cervelli dei ricercatori a lavorare su progetti benefici per l'umanità...).

Almeno un paio di aziende statunitensi sono già a un discreto punto della sperimentazione su pazienti umani, chi usando device connessi a hardware esterni, chi passando invece a impianti interni come nel caso della retina artificiale (ASR), un chip di un paio di millimetri di diametro e più sottile di un capello, da impiantare all'interno dell'occhio. Questo particolare chip contiene 5.000 fotosensori in grado di convertire la luce in impulsi elettrochimici e con questi stimolare le cellule della retina del paziente ancora in grado di funzionare (il che dovrebbe rendere inutile l’apparato nel caso di pazienti con la retina totalmente compromessa).

In cerca della nanobatteria

Questo nuovo tipo di dispositivi elettronici pongono agli scienziati tutta una serie di problemi, in parte inediti. Seguendo la tradizione consolidata dell'elettronica, a ogni successiva generazione il prodotto rischia di diventare più vorace di energia. Ci si potrebbe dunque trovare dinnanzi al problema di dover dipendere da una qualche forma di energia esterna o di accumulatore impiantato nel corpo. In realtà il microchip ASR si alimenta da solo, sfruttando la luce che lo colpisce- ma questa soluzione rischia di metterlo in difficoltà in situazioni di scarsa luce ambientale, il che limiterebbe la sua utilità.

Sul fronte delle fonti energetiche impiantabili si sta dunque muovendo un consorzio di enti e aziende americane, che ha intrapreso il lavoro di ricerca su una batteria che dovrebbe produrre elettricità imitando i processi biologici degli organismi viventi. Una batteria tanto piccola da poter trovare posto nell'occhio insieme alla retina artificiale, per arrivare ad una soluzione del tutto interna e quindi più comoda ed “accettabile” per il paziente .

L'altro grande problema è garantire il funzionamento di un dispositivo delicato come un microchip in un ambiente così aggressivo come l'interno del corpo umano, proteggendo al contempo il delicato corpo umano da possibili effetti collaterali del chip impiantato nell'occhio. Una soluzione a questo problema sta per essere individuata attraverso un sofisticato rivestimento, basato sull''applicazione di uno strato ultrananocristallino composto da cristalli di diamante del calibro di 5 milionesimi di millimetro.

Piccoli passi verso l'uomo bionico

Anche se queste soluzioni, ancora ai primi passi, rappresentano una possibile soluzione solo per alcune forme di cecità, sembra si possa essere ottimisti, almeno per i ciechi del mondo occidentale, in grado di permettersi (anche grazie a una mutua o assicurazione sanitaria) il costo di apparato ed operazione.

È dunque probabile che a medio termine questo tipo di impianti ridaranno almeno parzialmente la vista a un certo numero di non vedenti. Nel lungo periodo, conoscendo come funzionano gli esseri umani e tenendo in conto le probabili evoluzioni tecnologiche, non mi sorprenderebbe diventasse comune farsi sostituire occhi perfettamente funzionanti con occhi bionici, capaci di vedere più lontano, funzionanti in assenza di luce o in grado di captare radiazioni non visibili, essendo in grado di "vedere" l'infrarosso o l'ultravioletto.

Fonte: Apogeo

02 marzo 2006

Pelle completa riscostruita in laboratorio

Sempre più la scienza permette di migliorare la nostra salute. Ecco un altro esempio di ricerca scientifica. Viva la scienza.

A Roma la cute, a tutto spessore, di tredici persone, ricreata a partire da cellule staminale e reimpiantata negli stessi pazienti.


PELLE RICOSTRUITA - Per la prima volta al mondo ricostruita la pelle completa di strato superficiale e profondo in laboratorio, utilizzando tre diversi tipi di cellule staminali prelevate da 13 pazienti ed è stata poi reimpiantata negli stessi pazienti per riparare lesioni molto gravi ed estese. Gli interventi sono stati eseguiti a Roma, presso la cattedra di Chirurgia plastica dell'università La Sapienza di Roma, diretta da Nicolò Scuderi, che ha annunciato il successo delle operazioni durante il primo congresso nazionale della «Conferenza italiana per lo studio e la ricerca sulle ulcere, piaghe, ferite e la riparazione tessutale» in corso nella Capitale.

SILICONE ADDIO? - Nel corso dello stesso convegno, lo setsso Scuderi ha preconizzato il tramonto delle protesi mamamrie tradizionali. Tra qualche anno, infatti, il silicone potrebbe essere soppiantato da tessuto «coltivato» in laboratorio a partire da cellule staminali per sostituire la parte adiposa della mammella . Una nuova possibilitá non solo per le signora insoddisfatte del proprio aspetto, ma anche (e soprattutto) per tutte quelle donne che sono state sottoposte ad asportazione del seno. Scuderi ha anche spiegato di esser «sicuro che il futuro non sarà, ad esempio, il trapianto di cuore, ma il cuore coltivato in laboratorio a partire da cellule cardiache». Anche i cardiociti (cellule del cuore), infatti, accanto agli adipociti, rappresentano un capitolo del vasto programma di ricerca sulle staminali recentemente finanziato dal ministero della Salute con 20 milioni di euro. Il progetto prevede la coltivazione di cellule staminali differenti per sondare nuovi percorsi di cura.

Fonte: Corriere della Sera