 Microelettronica e nanotecnologia  potrebbero presto portare un po’ di luce ad alcuni non vedenti. Il punto sulla  ricerca, le sfide da raccogliere.
Microelettronica e nanotecnologia  potrebbero presto portare un po’ di luce ad alcuni non vedenti. Il punto sulla  ricerca, le sfide da raccogliere.Sin dagli inizi  dell'era dell'elettronica, scienziati e autori di fantascienza (si veda ad  esempio il film italiano Nirvana del 1997) hanno sognato di poter  sostituire un occhio non funzionante con un apparato artificiale e ridare così  una visione (almeno parziale) ai ciechi. Oggi questo ambizioso obiettivo sembra  essere a portata di mano – anche se le soluzioni attualmente in sperimentazione  saranno disponibili sul mercato solo fra qualche anno e potranno risolvere solo  alcune specifiche patologie.
Sostituire la retina artificiale
In molti laboratori  sono in corso ricerche focalizzate sullo sviluppo di una retina artificiale, per  sostituire l'organo umano che trasforma la luce in impulsi elettrici da  trasferire poi al cervello attraverso il nervo ottico. Il primo esperimento di impianto di un sistema di visione artificiale in  un essere umano risale ormai all'anno 2000. Il sistema, composto da una  microtelecamera incorporata in speciali occhiali, accoppiata ad un sensore a  ultrasuoni, trasmette i segnali a un piccolo computer tascabile, che elabora  l'informazione, la ritrasmette a un altro computer e di qui a una rete di 68  elettrodi posti nella superficie del cervello. Questo impianto high tech è  riuscito a ridare un poco di vista a un paziente cieco da 36 anni. I risultati,  se pur interessanti, sono solo un primo passo verso una buona soluzione: il  paziente ha recuperato una capacità visiva pari a quella di una persona molto  miope, e l'apparato è relativamente scomodo.
Sono dunque partiti  parecchi progetti destinati a costruire un occhio artificiale più performante e  portatile. In Europa, solo per citare alcuni esempi, è stato attivo il progetto  comunitario OPTIVIP con l’obiettivo  di realizzare una protesi in grado di stimolare direttamente il nervo ottico, è  in corso una ricerca da parte dell’ospedale oftalmologico di Colonia e avanzate  sperimentazioni sono condotte dal pioniere Claude Veraart. La ricerca ha  prodotto risultati e i primi prototipi di retina artificiale europea sono già  stati impiantati, con risultati interessanti. Anche questo sistema si basa su un  apparato esterno collegato però al nervo ottico: dovrebbe essere quindi  applicabile anche a pazienti con la retina totalmente inattiva, ma che abbiano  un nervo ottico funzionante. Si prevede che il prodotto potrebbe essere reso  disponibile al pubblico entro il 2010, a un costo attorno ai 20.000  euro.   
 
 
Al lavoro anche i  laboratori nucleari
 
Negli Stati Uniti si  è addirittura mobilitato l'establishment militar-nuclear-industriale, coinvolgendo enti come il Sandia National Laboratories, un  laboratorio chiave per la ricerca nucleare a fini bellici statunitense o  l'Argonne National Laboratory, laboratorio che fu parte fondamentale del  progetto Manhattan  (legato, come noto, alla costruzione della prima bomba atomica). Ancora una  volta, aziende ed enti seguono il principio "piatto ricco mi ci ficco" e cercano  di godersi una fetta dei sostanziosi stanziamenti messi a disposizione dal  National Institutes of Health (e meno male che ogni tanto si mettono i brillanti  cervelli dei ricercatori a lavorare su progetti benefici per  l'umanità...).
 
Almeno un paio di  aziende statunitensi sono già a un discreto punto della sperimentazione su  pazienti umani, chi usando device connessi a  hardware esterni, chi passando invece a impianti interni come nel caso della retina artificiale (ASR), un chip di un paio di millimetri di diametro e  più sottile di un capello, da impiantare all'interno dell'occhio. Questo  particolare chip contiene 5.000 fotosensori in grado di convertire la luce in  impulsi elettrochimici e con questi stimolare le cellule della retina del  paziente ancora in grado di funzionare (il che dovrebbe rendere inutile  l’apparato nel caso di pazienti con la retina totalmente  compromessa).
 
In cerca della  nanobatteria
 
Questo nuovo tipo di  dispositivi elettronici pongono agli scienziati tutta una serie di problemi, in  parte inediti. Seguendo la tradizione consolidata dell'elettronica, a ogni  successiva generazione il prodotto rischia di diventare più vorace di energia.  Ci si potrebbe dunque trovare dinnanzi al problema di dover dipendere da una  qualche forma di energia esterna o di accumulatore impiantato nel corpo. In  realtà il microchip ASR si alimenta da solo, sfruttando la luce che lo colpisce-  ma questa soluzione rischia di metterlo in difficoltà in situazioni di scarsa  luce ambientale, il che limiterebbe la sua utilità.
 
Sul fronte delle  fonti energetiche impiantabili si sta dunque muovendo un consorzio di enti e  aziende americane, che ha intrapreso il lavoro di ricerca su una batteria che  dovrebbe produrre elettricità imitando i processi biologici degli organismi  viventi. Una batteria tanto piccola da poter trovare posto nell'occhio insieme  alla retina artificiale, per arrivare ad una soluzione del tutto interna e  quindi più comoda ed “accettabile” per il paziente .
 
L'altro grande  problema è garantire il funzionamento di un dispositivo delicato come un  microchip in un ambiente così aggressivo come l'interno del corpo umano,  proteggendo al contempo il delicato corpo umano da possibili effetti collaterali  del chip impiantato nell'occhio. Una soluzione a questo problema sta per essere  individuata attraverso un sofisticato rivestimento, basato sull''applicazione di  uno strato ultrananocristallino composto da cristalli di diamante del calibro di  5 milionesimi di millimetro.
 
Piccoli passi  verso l'uomo bionico
 
Anche se queste  soluzioni, ancora ai primi passi, rappresentano una possibile soluzione solo per  alcune forme di cecità, sembra si possa essere ottimisti, almeno per i ciechi  del mondo occidentale, in grado di permettersi (anche grazie a una mutua o  assicurazione sanitaria) il costo di apparato ed operazione.
 
È dunque probabile  che a medio termine questo tipo di impianti ridaranno almeno parzialmente la  vista a un certo numero di non vedenti. Nel lungo periodo, conoscendo come  funzionano gli esseri umani e tenendo in conto le probabili evoluzioni  tecnologiche, non mi sorprenderebbe diventasse comune farsi sostituire occhi  perfettamente funzionanti con occhi bionici, capaci di vedere più lontano,  funzionanti in assenza di luce o in grado di captare radiazioni non visibili,  essendo in grado di "vedere" l'infrarosso o l'ultravioletto.
Fonte: Apogeo