04 giugno 2006

Tumore, il vaccino che «uccide» le staminali malate

La ricerca è stata presentata un gruppo di ricercatori argentini al congresso annuale degli oncologi americani in corso ad Atlanta

ATLANTA - Un vaccino anti-staminali per colpire il tumore al polmone: la strategia, nuovissima, è stata appena presentata da un gruppo di ricercatori argentini all’Asco, il congresso annuale degli oncologi clinici americani in corso ad Atlanta. Sei pazienti con un tumore al polmone (del tipo cosiddetto «non a piccole cellule», che rappresenta l’80 per cento di tutti i tumori polmonari) in fase avanzata sono stati trattati con un vaccino costituito da cellule staminali prelevate dal tumore stesso: pochi gli effetti collaterali (limitati a infiammazione nel punto dell’iniezione) e una durata di vita che per alcuni ha superato i tre anni. A condurre l’esperimento un gruppo di ricercatori argentini dell’Ospedale Regina Mater di Buenos Aires, che hanno utilizzato la stessa terapia per curare anche otto pazienti con tumori cerebrali, glioblastomi in particolare. Questi ultimi avevano già subìto un intervento chirurgico e una radioterapia, ma la malattia si era ripresentata. Ora sono a 22 mesi dal trattamento.

L'IPOTESI - Da qualche tempo i ricercatori si sono convinti, e lo hanno dimostrato, che i tumori si diffondono, recidivano e diventano insensibili ai farmaci perché sono «alimentati» da cellule staminali tumorali. Per dirla diversamente: è una cellula staminale impazzita che dà origine al tumore e ne garantisce la sopravvivenza. Qualche tempo fa un gruppo di ricercatori americani di Ann Arbor hanno dimostrato che su cento cellule tumorali, 99 morirebbero comunque «di morte naturale», mentre una è in grado di moltiplicarsi e di rigenerare la massa tumorale all’infinito, spesso incurante delle terapie. È questa che va colpita se si vuole distruggere definitivamente la malattia. Cellule staminali tumorali sono già state identificate nei tumori del cervello, della mammella, della prostata, del polmone e nel melanoma.

UN «IBRIDO» E I FARMACI - Per costruire il vaccino i ricercatori hanno isolato le cellule staminali dal tumore e le hanno «fuse» con cellule B dei pazienti stessi (si tratta di cellule del sistema immunitario che normalmente producono anticorpi) e hanno poi iniettato questo «ibrido» nei linfonodi dei malati. Per ora si è dimostrata la sua sicurezza e una certa efficacia, ma il numero di malati è ancora molto limitato e i risultati dovranno essere confermati da altri studi con un numero superiore di pazienti. Intanto la terapia del tumore al polmone può contare farmaci chemioterapici, già disponibili come il classico cisplaatino e il più nuovo docetaxel. Altre molecole, che agiscono su proteine della cellula neoplastica, sono ancora in fase di sperimentazione: l’erlotinib e il borzetomib hanno dimostrato di aumentare le aspettative di vita nei tumori in fase avanzata. Lo stesso vale per il sunitinib, l’ultimo nato in questa famiglia di farmaci, che è stato presentato ad Atlanta: somministrato una volta al giorno sotto forma di pillola, si è rivelato capace di impedire la progressione della malattia in pazienti con tumore polmonare avanzato.

Fonte: Corriere della Sera

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