Un materiale nanotecnologico in grado di "succhiare" l'umidità dall'aria potrebbe permettere un miglioramento della raccolta di acqua nelle regioni aride.
Michael Rubner e Robert Cohen del Massachusetts Institute of Technology si sono ispirati a uno scarafaggio che vive nel Deserto della Namibia, sulla costa sudoccidentale dell'Africa. Si tratta di una regione con precipitazioni scarse, difficilmente prevedibili e senza fiumi. Nelle ore mattutine, però, una nebbia piuttosto spessa sale dall'Oceano Atlantico e si adagia sulle dune desertiche. Qui lo scarafaggio raccoglie l'acqua esponendosi alla brezza che soffia dall'Oceano.
Per copiare la tecnica di raccolta dello scarafaggio, i ricercatori hanno costruito un materiale così idrofobico da far sì che l'acqua che lo colpisce si trasformi in piccole goccioline perfettamente tonde.
Il materiale è composto da un film plastico distribuito su un materiale vetroso: il film è disposto in modo da formare valli e colline di dimensioni micrometriche.
Per impedire che le goccioline di acqua vengano intrappolate dalle valli, i ricercatori ne hanno decorato la superficie con nanoparticelle di vetro a loro volta ricoperte da molecole simili al teflon, un tessuto sintetico particolarmente resistente all'acqua.
Per fare in modo che il materiale catturasse l'acqua, i ricercatori hanno creato delle protuberanze con un polimero caricato elettronicamente piene di pori. Queste protuberanze funzionano come una sorta di nanospugne che succhiano l'acqua. In un articolo pubblicato sulla rivista Nano Letters, i due esperti spiegano che queste nanospugne possono essere anche "stampate" su altri tipi di materiale e in particolare di tessuti, per renderli impermeabili.
In generale comunque i primi esperimenti dimostrano che il funzionamento di questo complesso nanotecnologico sembra essere molto più efficiente di altri tipi di strumenti per catturare l'acqua, dove spesso l'acqua finisce per scivolare via senza essere effettivamente catturata.
Fonte: Città della Scienza
Michael Rubner e Robert Cohen del Massachusetts Institute of Technology si sono ispirati a uno scarafaggio che vive nel Deserto della Namibia, sulla costa sudoccidentale dell'Africa. Si tratta di una regione con precipitazioni scarse, difficilmente prevedibili e senza fiumi. Nelle ore mattutine, però, una nebbia piuttosto spessa sale dall'Oceano Atlantico e si adagia sulle dune desertiche. Qui lo scarafaggio raccoglie l'acqua esponendosi alla brezza che soffia dall'Oceano.
Per copiare la tecnica di raccolta dello scarafaggio, i ricercatori hanno costruito un materiale così idrofobico da far sì che l'acqua che lo colpisce si trasformi in piccole goccioline perfettamente tonde.
Il materiale è composto da un film plastico distribuito su un materiale vetroso: il film è disposto in modo da formare valli e colline di dimensioni micrometriche.
Per impedire che le goccioline di acqua vengano intrappolate dalle valli, i ricercatori ne hanno decorato la superficie con nanoparticelle di vetro a loro volta ricoperte da molecole simili al teflon, un tessuto sintetico particolarmente resistente all'acqua.
Per fare in modo che il materiale catturasse l'acqua, i ricercatori hanno creato delle protuberanze con un polimero caricato elettronicamente piene di pori. Queste protuberanze funzionano come una sorta di nanospugne che succhiano l'acqua. In un articolo pubblicato sulla rivista Nano Letters, i due esperti spiegano che queste nanospugne possono essere anche "stampate" su altri tipi di materiale e in particolare di tessuti, per renderli impermeabili.
In generale comunque i primi esperimenti dimostrano che il funzionamento di questo complesso nanotecnologico sembra essere molto più efficiente di altri tipi di strumenti per catturare l'acqua, dove spesso l'acqua finisce per scivolare via senza essere effettivamente catturata.
Fonte: Città della Scienza
Nessun commento:
Posta un commento