Una crema intelligente, trasportata da un nanorobot, capace di eseguire un peeling profondo e di idratare la pelle con la giusta dose di emolliente. Così Robert Freitas, scienziato un po’ visionario e autore di uno dei primi libri sulle nanomacchine in medicina, si immagina il cosmebot del futuro, la nanomacchina cosmetica. Fantascienza, ma la scienza che sfrutta l’infinitamente piccolo, la nanotecnologia, è già presente nelle profumerie ed è attivissima nei laboratori di ricerca.
Il primo passo verso la miniaturizzazione dei cosmetici furono i liposomi, nati una quarantina di anni fa per veicolare idratanti e supercitati in tutte le réclame; poi sono arrivati i nanosomi, meno pubblicizzati finora, anche perché la nanocosmesi, e più in generale le nanotecnologie, hanno cominciato a sollevare qualche problema di sicurezza.
Una delle sfide più importanti per la scienza della bellezza è quella di superare la barriera naturale della pelle e arrivare in profondità dove i principi attivi possano agire: antiossidanti per ritardare l’invecchiamento, antirughe che spianino i segni dell’età, prodotti riparatori dei danni da troppe abbronzature. «Unastrada è quella dei nanosomi— spiega Roberto Leonardi, che insegna tecnologia cosmetica all’Università di Milano—microcapsule di lipidi, come la lecitina di soia, che per la loro composizione, simile ai lipidi epidermici, e per le loro dimensioni infinitesimali riescono a penetrare a fondo nell’epidermide fino al derma e a liberare i principi attivi che contengono». Le dimensioni infinitesimali significano grandezze pari a un miliardesimo di metro: questo è il campo delle nanotecnologie. Unnanosoma misura dai 100 ai 600 nanometri ed è 800 volte più piccolo di un capello. I principi attivi comprendono, al momento, sostanze come la vitamina A (o meglio, un suo derivato, il retinolo), che funziona come antinvecchiamento, la vitamina C che è antiossidante, la vitamina E, anch’essa antiossidante, che protegge la pelle e i capelli dall’inquinamento. In futuro potrebbe arrivare il Gaba o acido gamma-aminobutirrico, un composto antiansia che, invece di rilassare la mente, potrebbe servire a rilassare le rughe.
I nanosomi vengono, a loro volta, veicolati in creme e gel e sono studiati anche per la «cessione programmata»: sono capaci cioè di liberare principi attivi a diverse profondità, nella cute. Poi si disintegrano, trasformandosi in sostanze lipidiche che, in un primo tempo, può anche funzionare da barriera protettiva, poi viene distrutto dagli enzimi ed eliminato. I vantaggi dei nanosomi? Sono completamente biocompatibili e non provocano allergie; proteggono il loro contenuto dagli enzimi e quindi dalla degradazione, riducono l’azione irritante che alcuni prodotti possono avere sugli strati superficiali della cute.
«C’è poi la strada delle nanoemulsioni— aggiunge Leonardi — che sfrutta l’idea di disperdere in un mezzo, per esempio acquoso, particelle lipidiche piccolissime in modo che stiano in sospensione, non si aggreghino e siano, quindi, più facilmente assorbite ».Unesempio di miniaturizzazione è quello dei filtri solari trasparenti: le particelle di ossido di zinco o di titano, che formano una barriera contro i raggi ultravioletti, quando sono ridotti a dimensioni infinitesimali non bloccano la luce visibile con il risultato che le facce spalmate di crema non appaiono più come maschere bianche. Ma proprio da qui è partita la discussione sulla sicurezza: particelle così piccole non entrano poi nel circolo sanguigno e non rischiano di provocare danni nel tempo? Del resto, alcune sostanze possono modificare le loro caratteristiche chimiche e fisiche quando sono ridotte a dimensioni piccolissime ed è proprio questo uno dei concetti base per lo sfruttamento delle nanotecnologie. Alcune autorità sanitarie, come la Royal Society inglese e la Food and Drug Administration americana, hanno lanciato appelli perché si facciano più ricerche sulle sicurezza delle nanotecnologie e non soltanto in campo cosmetico. Le aziende produttrici assicurano che tutti i prodotti sono testati prima di entrare sul mercato e intanto studiano nuove soluzioni. Tinture per i capelli, ad esempio, o rossetti che danno l’effetto colore non perché contengono pigmenti, maperché giocano sulla rifrazione della luce: possono anche diventare iridescenti, come avviene alle ali delle farfalle o alle piume del pavone. Shampoo per combattere i capelli bianchi e cerotti anticalvizie. Persino nanopolveri all’argento che, grazie alle proprietà antibatteriche del metallo, funzionano contro l’acne , il «nemico» dei ragazzi: sono questi i nuovi «cosmaceutici », come sono stati battezzati con una fusione di parole, un po’ cosmetici, un po’ farmaci.
Fonte: Corriere della Sera
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