Ha suscitato scalpore la nascita di Elodie, probabile primo bebè terapeutico svizzero. Elodie e' una "bambina su misura", scelta, attraverso la selezione degli embrioni, come donatrice di midollo osseo per il fratello colpito da grave deficienza immunitaria.
Il primo design baby e' nato pero' alcuni anni fa in Inghilterra con l'autorizzazione della locale commissione etica. In teoria -scrupoli etici a parte-, si potrebbero "produrre" bambini donatori di reni o di una parte del fegato da trapiantare non solo ai fratelli ma ad altri familiari. Chi riflette sui bebè terapeutici, forse si chiede quali altre possibilita' ci sarebbero per ottenere cellule staminali compatibili. Per l'esperto di cellule staminaliAlois Gratwohl, della clinica universitaria di Basilea, la risposta e' semplice: se si reperiscono cellule staminali dal cordone ombelicale provenienti da fratelli con lo stesso sistema Hla (antigeni umani leucocitari) o sistema di istocompatibilita', disponiamo della migliore fonte possibile, essendo queste cellule superiori delle staminali ottenibili dal midollo osseo o dal sangue.
Questo perche' le cellule di un neonato non hanno pressoché contatti con microrganismi, quindi sono meno aggressivi dal punto di vista immunologico. Ma buoni risultati si possono ottenere anche con familiari o estranei aventi lo stesso sistema Hla. Questi ultimi si possono cercare in ogni parte del mondo grazie al registro delle cellule staminali. Oggi sono dieci milioni le persone registrare e disponibili, in caso di necessita', a donare le cellule staminali. Inoltre, esiste una riserva di sangue cordonale di duecentomila neonati. Gratwohl chiarisce che il rapporto attuale e' di un donatore compatibile ogni due pazienti. Se non tutti possono contare su un donatore compatibile, e' perche' esistono dei tipi Hla piu' frequenti e altri molto rari. C'e' una regola molto semplice: maggiore e' la compatibilita' tra donatore e ricevente e migliore e' il risultato dell'intervento. Malgrado cio', un terzo dei trapianti con cellule staminali avviene anche in mancanza di donatori compatibili. Addirittura, in alcune circostanze le staminali di un donatore non istocompatibile danno dei vantaggi, ossia degli effetti migliori contro la malattia genetica. E' ovvio, chiosa Gratwohl, che bisogna valutare caso per caso quali possano essere rischi e benefici di ogni opzione terapeutica.
Altri possibili trattamenti su malati bisognosi di cellule staminali potrebbero essere, almeno in ipotesi, una terapia genetica e la clonazione terapeutica. Solo che, a differenza del trapianto di staminali da fonti consolidate, questi metodi sono ancora in una fase concettualmente sperimentale. Ma, in base alle sperimentazioni animali, si puo' immaginare che siano interventi fattibili. In questo caso si toglierebbe dal paziente una cellula somatica per fonderla con un ovocita privato dal nucleo, e tramite opportune stimolazione s'indurrebbero le cellule a dividersi. Sostituendo il gene malato con una variante sana, si svilupperebbe un embrione, da cui ricavare cellule staminali da coltivare e utilizzare nel trattamento. Gratwohl ammette che si sa ancora troppo poco se un simile scenario possa funzionare anche sull'uomo o se si dovra' fare i conti con nuovi problemi inediti. Ci sono indizi a favore dell'ipotesi, secondo cui per la clonazione terapeutica non sia indispensabile un ovocita privato del nucleo; il procedimento potrebbe funzionare anche con cellule staminali embrionali o con il citoplasma, visto che sono determinati componenti del citoplasma a consentire la riprogrammazione e quindi la clonazione. Gratwohl e' sicuro che queste sostanze saranno identificate tra non molto. Tutto cio', a dimostrazione di quanti passi avanti riesca a fare la medicina riproduttiva e a quali livelli si muove la ricerca -a prescindere dal dibattito in corso nell'opinione pubblica e tra i legislatori sul valore e il significato della diagnosi preimpianto.
Fonte: Cellule staminali
Il primo design baby e' nato pero' alcuni anni fa in Inghilterra con l'autorizzazione della locale commissione etica. In teoria -scrupoli etici a parte-, si potrebbero "produrre" bambini donatori di reni o di una parte del fegato da trapiantare non solo ai fratelli ma ad altri familiari. Chi riflette sui bebè terapeutici, forse si chiede quali altre possibilita' ci sarebbero per ottenere cellule staminali compatibili. Per l'esperto di cellule staminaliAlois Gratwohl, della clinica universitaria di Basilea, la risposta e' semplice: se si reperiscono cellule staminali dal cordone ombelicale provenienti da fratelli con lo stesso sistema Hla (antigeni umani leucocitari) o sistema di istocompatibilita', disponiamo della migliore fonte possibile, essendo queste cellule superiori delle staminali ottenibili dal midollo osseo o dal sangue.
Questo perche' le cellule di un neonato non hanno pressoché contatti con microrganismi, quindi sono meno aggressivi dal punto di vista immunologico. Ma buoni risultati si possono ottenere anche con familiari o estranei aventi lo stesso sistema Hla. Questi ultimi si possono cercare in ogni parte del mondo grazie al registro delle cellule staminali. Oggi sono dieci milioni le persone registrare e disponibili, in caso di necessita', a donare le cellule staminali. Inoltre, esiste una riserva di sangue cordonale di duecentomila neonati. Gratwohl chiarisce che il rapporto attuale e' di un donatore compatibile ogni due pazienti. Se non tutti possono contare su un donatore compatibile, e' perche' esistono dei tipi Hla piu' frequenti e altri molto rari. C'e' una regola molto semplice: maggiore e' la compatibilita' tra donatore e ricevente e migliore e' il risultato dell'intervento. Malgrado cio', un terzo dei trapianti con cellule staminali avviene anche in mancanza di donatori compatibili. Addirittura, in alcune circostanze le staminali di un donatore non istocompatibile danno dei vantaggi, ossia degli effetti migliori contro la malattia genetica. E' ovvio, chiosa Gratwohl, che bisogna valutare caso per caso quali possano essere rischi e benefici di ogni opzione terapeutica.
Altri possibili trattamenti su malati bisognosi di cellule staminali potrebbero essere, almeno in ipotesi, una terapia genetica e la clonazione terapeutica. Solo che, a differenza del trapianto di staminali da fonti consolidate, questi metodi sono ancora in una fase concettualmente sperimentale. Ma, in base alle sperimentazioni animali, si puo' immaginare che siano interventi fattibili. In questo caso si toglierebbe dal paziente una cellula somatica per fonderla con un ovocita privato dal nucleo, e tramite opportune stimolazione s'indurrebbero le cellule a dividersi. Sostituendo il gene malato con una variante sana, si svilupperebbe un embrione, da cui ricavare cellule staminali da coltivare e utilizzare nel trattamento. Gratwohl ammette che si sa ancora troppo poco se un simile scenario possa funzionare anche sull'uomo o se si dovra' fare i conti con nuovi problemi inediti. Ci sono indizi a favore dell'ipotesi, secondo cui per la clonazione terapeutica non sia indispensabile un ovocita privato del nucleo; il procedimento potrebbe funzionare anche con cellule staminali embrionali o con il citoplasma, visto che sono determinati componenti del citoplasma a consentire la riprogrammazione e quindi la clonazione. Gratwohl e' sicuro che queste sostanze saranno identificate tra non molto. Tutto cio', a dimostrazione di quanti passi avanti riesca a fare la medicina riproduttiva e a quali livelli si muove la ricerca -a prescindere dal dibattito in corso nell'opinione pubblica e tra i legislatori sul valore e il significato della diagnosi preimpianto.
Fonte: Cellule staminali
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